Dal coraggio alla fiducia:come superare la paura di volare

Il coraggio è spesso descritto come la capacità di agire nonostante la paura. Dalla resistenza politica di figure come Alexei Navalny fino a scelte quotidiane come affrontare una situazione pericolosa, esso appare come una virtù tanto ammirevole quanto sfuggente da definire. La psicologia ha iniziato a studiare questo costrutto in modo più sistematico, superando l’idea romantica di qualità innata e interrogandosi su come esso possa essere analizzato, sviluppato e applicato in contesti personali, clinici, sociali e organizzativi.
Coraggio: definizione e modelli psicologici
Una delle definizioni più accreditate (Rate, Sternberg & Pury, 2007) considera il coraggio come un’azione volontaria orientata a un obiettivo nobile che implica il confronto con un rischio. Questo rischio non sempre coincide con la paura soggettiva: molte persone riferiscono di aver agito coraggiosamente senza aver percepito paura in quel momento. Da qui nasce la distinzione tra:
- Coraggio da riconoscimento (accolade courage): come appare all’osservatore esterno.
- Coraggio di processo (process courage): il vissuto interno della persona, cioè quanta paura ha dovuto superare per agire.
Questa distinzione apre a un’analisi fenomenologica: un atto può sembrare eroico dall’esterno ma non implicare un grande sforzo interno, e viceversa.
Il coraggio come processo psicologico
Chowkase e Sternberg (2024) hanno proposto un modello basato sul conflitto motivazionale approccio–evitamento: di fronte a una situazione che richiede coraggio (un’ingiustizia sul lavoro, un atto di protesta), la persona è divisa tra il desiderio di fare la cosa giusta (approccio) e la paura delle conseguenze (evitamento).
Il processo decisionale si articola in tre domande centrali:
- Significato: l’azione è sufficientemente importante da giustificare il rischio?
- Efficacia personale: ho la percezione di possedere le risorse per affrontarla?
- Valutazione delle conseguenze: sono disposto a tollerare l’esito, positivo o negativo, della mia scelta?
Queste dimensioni ricordano modelli già noti in psicologia clinica, come la teoria cognitiva delle emozioni (Lazarus) e i meccanismi di esposizione graduale della terapia cognitivo-comportamentale.
Coraggio e contesto sociale
Il coraggio non si manifesta in astratto, ma in contesti specifici. In ambito lavorativo, ad esempio, Matt Howard ha sviluppato la Workplace Social Courage Scale, evidenziando come chi mostra elevati livelli di coraggio sociale riporti minori livelli di ansia e depressione, maggiore soddisfazione lavorativa e comportamenti organizzativi più prosociali. Tuttavia, i dati indicano anche un lato ambiguo: soggetti con tratti narcisistici possono mostrare comportamenti “coraggiosi” motivati dall’onnipotenza o dal senso di invulnerabilità. Questo pone il problema clinico di distinguere tra coraggio autentico e pseudo-coraggio difensivo, quest’ultimo più vicino alla ricerca di grandiosità che al vero superamento della paura.
Emozioni e coraggio: il ruolo della rabbia
Tradizionalmente, la paura è stata vista come l’emozione chiave in relazione al coraggio. Tuttavia, studi recenti (Sasse, 2022) mostrano che anche la rabbia può avere una funzione propulsiva. In situazioni di ingiustizia morale, la rabbia aumenta la probabilità di intervento. In ottica clinica, ciò suggerisce che le emozioni considerate “negative” possono avere funzioni adattive: la rabbia, se regolata, diventa energia per difendere valori e confini morali.
Si può diventare "coraggiosi"?
Un contributo particolarmente interessante deriva dalla trasposizione del coraggio sul piano delle competenze. Jim Detert (University of Virginia) ha proposto la courage ladder, una scala graduale simile alle esposizioni progressive usate nella terapia cognitivo-comportamentale per le fobie. Il principio è lo stesso: partendo da piccole azioni che comportano un rischio minimo, la persona sviluppa tolleranza all’ansia e costruisce autoefficacia, fino a raggiungere comportamenti percepiti come più rischiosi e socialmente significativi. Questa prospettiva trasforma il coraggio da tratto statico a abilità coltivabile, esattamente come l’assertività o la regolazione emotiva.
Coraggio e paura di volare: una prospettiva psicologica
La paura di volare rappresenta un terreno privilegiato per osservare come il coraggio funzioni non come assenza di paura, ma come capacità di agire nonostante essa. In linea con i modelli motivazionali descritti da Chowkase e Sternberg, la persona che affronta l’aereo vive il conflitto tra l’evitamento — restare a terra per ridurre l’ansia — e l’approccio, cioè il desiderio di viaggiare, realizzare progetti o mantenere relazioni significative. È in questo spazio di tensione che il coraggio prende forma: non come gesto eroico, ma come processo decisionale e psicologico che integra significato, autoefficacia e tolleranza del rischio. La terapia cognitivo-comportamentale applicata all’aviofobia utilizza proprio questo principio, accompagnando il paziente in un’esposizione graduale che ricorda la courage ladder di Detert: piccoli passi progressivi, dal simulatore alla realtà virtuale, fino al volo reale, in cui la persona sperimenta la possibilità di muoversi insieme alla paura, trasformandola in occasione di crescita ed empowerment.
Il coraggio come competenza psicologica: prospettive scientifiche e applicazioni cliniche
Il coraggio è una virtù antica, celebrata da filosofi e poeti, ma soltanto negli ultimi decenni la psicologia ha iniziato a studiarlo con gli strumenti della ricerca empirica. Non si tratta semplicemente di eroismo o di gesti straordinari: il coraggio è una dimensione psicologica complessa, che si manifesta tanto nella vita quotidiana quanto nei grandi eventi storici. Affrontare un colloquio di lavoro difficile, denunciare un’ingiustizia, uscire da una relazione difficile o salire su un aereo nonostante la paura: tutti questi atti richiedono coraggio.
La psicologia contemporanea ci invita a spostare l’attenzione da un’idea statica e innata di coraggio a una prospettiva dinamica, in cui il coraggio è un processo decisionale, emotivo e cognitivo che può essere allenato. In questo senso, il coraggio non è soltanto un tratto di pochi individui eccezionali, ma una competenza che si può sviluppare, utile in psicoterapia, nelle organizzazioni e nella vita sociale.
- Psicoterapia: il coraggio può essere un costrutto trasversale nel trattamento di ansia sociale, evitamento e bassa autostima. Promuovere esperimenti comportamentali coraggiosi, calibrati e progressivi, diventa parte integrante del percorso terapeutico. Nel caso della paura di volare, ad esempio, l’approccio non si limita alla riduzione dei sintomi ansiosi ma si concentra sull’attivazione del coraggio: il paziente viene accompagnato gradualmente in un percorso di esposizione, prima virtuale (con simulatori o realtà virtuale) e poi reale (visite in aeroporto, voli assistiti). In questo modo, la persona sperimenta non solo la diminuzione della paura, ma anche un senso di autoefficacia crescente, trasformando un’esperienza temuta in occasione di empowerment personale.
- Psicologia del lavoro: stimolare il coraggio nei team significa favorire benessere, resilienza e creatività. Tuttavia, è necessario distinguere il coraggio autentico dalla sua versione narcisistica, dove l’agire “audace” è motivato da grandiosità più che da valori condivisi. Interventi organizzativi basati su mentoring, feedback tra pari e riconoscimento collettivo aiutano a coltivare un coraggio prosociale.
- Psicologia sociale: comprendere i meccanismi del coraggio è essenziale per costruire società più giuste, in cui i cittadini non restino spettatori passivi ma si sentano legittimati ad agire quando valori fondamentali vengono messi in discussione. Il coraggio morale, se diffuso, diventa un antidoto contro l’indifferenza e una risorsa per la coesione comunitaria.
Il coraggio, lungi dall’essere un dono riservato a pochi, è un processo psicologico accessibile e coltivabile. È il risultato di una tensione costante tra paura, significato e percezione di efficacia personale. In psicoterapia, il coraggio diventa un filo conduttore che attraversa fobie specifiche, ansia sociale ed evitamento; nei contesti lavorativi, si traduce in leadership autentica e capacità di affrontare conflitti; sul piano sociale, è la base per cittadini consapevoli e attivi. Allenare il coraggio significa quindi allenare la possibilità di scegliere la vita che desideriamo, nonostante i rischi e le incertezze. Per la persona che teme di volare, come per chi affronta sfide esistenziali più ampie, il coraggio non è mai assenza di paura: è la capacità di muoversi insieme ad essa, trasformando l’angoscia in azione significativa. In un’epoca caratterizzata da crisi globali, disuguaglianze e incertezze, il coraggio emerge non solo come virtù, ma come competenza psicologica necessaria per il benessere individuale e collettivo.
Conclusioni
- Il coraggio non è una qualità riservata a pochi eroi, ma un processo psicologico accessibile a tutti. È il risultato di valutazioni cognitive, emozioni regolabili e decisioni deliberate.
- Come psicologi, il nostro compito è duplice: da un lato, continuare a studiarlo con rigore scientifico; dall’altro, aiutare individui e comunità a coltivarlo come risorsa per affrontare le sfide personali, relazionali e sociali.
- In un’epoca segnata da incertezze e conflitti, il coraggio appare sempre meno come virtù opzionale e sempre più come competenza indispensabile per la salute mentale e per la costruzione di società resilienti.
Bibliografia
- Detert, J. (2021). Choosing courage: The everyday guide to being brave at work. Harvard Business Review Press.
- Detert, J. R., & Bruno, E. A. (2017). Workplace courage: Review, synthesis, and future agenda for a complex construct. Academy of Management Annals, 11(2), 593–639.
- Kramer, A., & Zinbarg, R. (2019). Recalling courage: An initial test of a brief writing intervention to activate a ‘courageous mindset’ and courageous behavior. The Journal of Positive Psychology, 14(5), 633–641.
Dott.Igor Graziato
Past Vice President
Ordine Psicologi Piemonte
Psicologo del lavoro e delle organizzazioni
Specialista in Psicoterapia
Virtual Reality Therapist
REB HP Register for Evidence-Based Hypnotherapy & Psychotherapy
AAvPA Member Australian Aviation Psychology Association
APA Member American Psychological Association
ABCT Member Association for Behavioral and Cognitive Therapies
Division 30 Society of Psychological Hypnosis (APA)
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