CBT breve ed intensiva per il disturbo di panico in aereo

CBT breve ed intensiva per il disturbo di panico in aereo

ll disturbo di panico è caratterizzato da attacchi di panico ricorrenti e dalla presenza di una  preoccupazione persistente per l'emergere di nuove crisi e per le loro conseguenze. Secondo il DSM-5, un attacco di panico raggiunge il picco entro pochi minuti e include almeno quattro dei seguenti sintomi:

  • palpitazioni;
  • sudorazione;
  • tremori;
  • dispnea;
  • sensazione di soffocamento;
  • dolore toracico;
  • nausea;
  • vertigini;
  • derealizzazione o depersonalizzazione;
  • paura di perdere il controllo;
  • paura di morire o di impazzire.

La prevalenza del disturbo di panico si attesta intorno al 2-3% nella popolazione generale, con un'incidenza doppia nelle donne rispetto agli uomini. Studi neurobiologici hanno evidenziato alterazioni nei circuiti della paura, in particolare nell'amigdala, nell'ippocampo e nella corteccia prefrontale, oltre a disfunzioni nei sistemi serotoninergico e noradrenergico. Le linee guida e la letteratura degli ultimi decenni convergono su due prime scelte di trattamento:

Evidenze scientifiche recenti mostrano che dei percorsi brevi ed intensivi di Psicoterapia CBT possono produrre benefici clinici stabili nel tempo e ricadute positive su processi psicologici non direttamente coinvolti nel disturbo  (ad es. l'attaccamento ansioso, la sensibilità all’ansia e i bias interpretativi). Parallelamente, cresce l’interesse per interventi più ampi focalizzati sulla regolazione emotiva.

Disturbo di Panico e paura di volare

La paura di volare (aviofobia) rappresenta una delle fobie specifiche più comuni e può manifestarsi sia come entità nosologica  autonoma sia, frequentemente, in comorbidità  con il disturbo di panico. La ricerca condotta da Wilhelm e Roth (1997) ha dimostrato che circa il 20% delle persone con disturbo di panico sviluppa una paura significativa del volo, mentre McNally e Louro (1992) hanno evidenziato come l'aviofobia  possa fungere da fattore precipitante per il primo attacco di panico in soggetti vulnerabili.

Processi psicofisiologici correlati con la paura di volare

L'ambiente aeroportuale  e il volo stesso presentano caratteristiche che possono facilmente attivare la risposta di paura in individui con disturbo di panico:

  • Sensazioni fisiche ambigue: le turbolenze, i cambiamenti di pressione, i rumori del velivolo e le sensazioni vestibolari possono essere erroneamente interpretate come segnali di pericolo imminente. La teoria della sensibilità all'ansia di Reiss e McNally (1985) spiega come individui con alta sensibilità interpretino catastroficamente queste sensazioni corporee benigne.
  • Claustrofobia: l'impossibilità di "fuggire" durante il volo attiva potentemente il sistema di difesa, particolarmente problematico per chi soffre di panico, dove la fuga rappresenta tipicamente la principale strategia di coping. La ricerca di Craske e Barlow (2008) ha documentato come la percezione di intrappolamento aumenti significativamente la probabilità di attacchi di panico.
  • Circolo vizioso dell'ansia anticipatoria: settimane prima del volo, si innesca un processo di anticipazione catastrofica. Studi di imaging funzionale (Dresler et al., 2013) hanno mostrato un'iperattivazione dell'amigdala e della corteccia prefrontale mediale durante l'anticipazione di situazioni fobiche, confermando le basi neurobiologiche dell'ansia anticipatoria.

Il modello cognitivo di Clark (1986) sul disturbo di panico è particolarmente illuminante nel contesto della paura di volare. Secondo questo modello, la sequenza tipica include:

  1. Stimolo trigger: pensiero del volo imminente o sensazione fisica (tachicardia, respiro corto).
  2. Interpretazione catastrofica: "Il cuore batte forte, sto per avere un infarto" oppure "L'aereo cadrà e morirò".
  3. Attivazione fisiologica: Il Sistma Nervoso Simpatico si attiva, producendo i sintomi tipici dell'ansia.
  4. Conferma della minaccia: i sintomi fisici vengono interpretati come conferma del pericolo.
  5. Escalation: si raggiunge il picco tipico dell'attacco di panico.

Le distorsioni cognitive tipiche includono la catastrofizzazione ("Sicuramente l'aereo cadrà"), il ragionamento emotivo ("Mi sento in pericolo, quindi lo sono davvero"), e la sovrastima della probabilità di eventi negativi (nonostante statisticamente il volo sia il mezzo di trasporto più sicuro, con un rischio di incidente mortale di 1 su 11 milioni).

Perché la psicoterapia CBT è il trattamento d’elezione?

La CBT per il disturbo di panico ha dimostrato, grazie alla ricerca scientifica, un alto livello di efficacia. L’evoluzione teorico-clinica è passata da un’enfasi sulla abituazione a una centralità dell’apprendimento inibitorio e della tolleranza del distress: il paziente cerca consapevolmente le sensazioni temute e apprende che non sono catastrofiche. In questa cornice risultano fondamentali:

  • la psicoeducazione e monitoraggio: normalizzare i sintomi, collegarli a meccanismi fisiologici, mappare evitamenti/“safety behaviors”.
  • L'esposizione interocettiva: evocare in seduta i correlati somatici (girarsi su sedia per indurre capogiro, esercizi di iperventilazione controllata, ecc.) per modificare il legame tra sensazione e minaccia.
  • L'esposizione in vivo: entrare gradualmente e strategicamente nei contesti evitati (ad es. gli aeroporti e il volo), aiuta a superare l'ansia.
  • Realtà virtuale: l'uso della VRT (Virtual Reality Therapy) consente di esporsi alla situazione temuta in un contesto sicuro.
  • Ristrutturazione dei bias: ridurre sensibilità all’ansia e interpretazioni catastrofiche delle sensazioni corporee.

L'obiettivo terapeutico è quello di aiutare la persona a sviluppare delle strategie di coping efficaci per gestire l'eventuale attacco piuttosto che cercare di controllare la situazione.

Percorso CBT intensivo: evidenze scientifiche

I formati brevi e intensivi (come il Bergen 4-Day Treatment) concentrano psicoeducazione, definizione degli obiettivi terapeutici, blocchi di esposizione interocettiva e in vivo, e pianificazione del mantenimento in sole quattro giornate, alternando sessioni individuali  e di gruppo. I follow-up a lungo termine  condotti su pazienti trattati con questo protocollo hanno evidenziato una riduzione significativa dei sintomi a 3 mesi (misurata con la PDSS), un mantenimento dei risultati a 18 mesi  e una remissione nel 90% dei casi. Parallelamente, si è osservata una diminuzione persistente di depressione  e ansia generalizzata fino a 18 mesi. Questi dati supportano l'ipotesi che un intervento mirato specificamente sul panico possa generare benefici trasversali su altri sintomi.

Oltre i sintomi: gli aspetti psicodinamici e lo stile di attaccamento

Studi sulla terapia CBT per superare il Disturbo di Panico mostrano dei miglioramenti dell’attaccamento ansioso anche quando questo non è un obiettivo esplicito della psicoterapia. Tali effetti si replicano in moduli CBT asincroni online (senza terapeuta), suggerendo che la riduzione della sensibilità all’ansia e dei bias interpretativi riduce la dipendenza dalle rassicurazioni relazionali. Negli studi RCT (Randomized Controlled Trial in italiano: Studio Clinico Randomizzato Controllato) che confrontano la CBT a sessione singola con la terapia psicodinamica breve e con dei gruppi di controllo, emerge come la psicoterapia cognitivo-comportamentale riduca la sensibilità all'ansia e migliori l'interpretazione delle sensazioni corporee. Nei pazienti che rispondono positivamente al trattamento, si è osservato un aumento della Funzione Riflessiva (Reflective Functioning). Questa è la capacità di interpretare e comprendere il proprio comportamento e quello degli altri in termini di stati mentali sottostanti (quali pensieri, emozioni, desideri, intenzioni e credenze).

Questo risultato è particolarmente interessante, poiché suggerisce che una Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) condotta efficacemente possa facilitare e promuovere processi tipicamente associati all'approccio psicodinamico,  come quelli legati all'attaccamento e alla mentalizzazione,  anche se questi non sono stati direttamente il bersaglio dell'intervento terapeutico.

Farmaci: ruolo, benefici, criticità d’integrazione

Gli psicofarmaci SSRI (Selective Serotonin Reuptake Inhibitors) e SNRI (Serotonin-Norepinephrine Reuptake Inhibitors) sono efficaci e spesso più rapidi della CBT nel ridurre gli attacchi di panico; tuttavia, la CBT mostra vantaggi superiori nel lungo termine. Quando si utilizza un trattamento combinato, è importante prestare attenzione clinica a due aspetti critici:

  • opportunità di apprendimento: la riduzione farmacologica dei sintomi può limitare le occasioni di sperimentare un'esposizione "completa", aumentando il rischio di ricaduta alla sospensione del farmaco se non si è consolidata la tolleranza alle sensazioni corporee;
  • attribuzione esterna: alcuni pazienti tendono ad attribuire i progressi al farmaco piuttosto che al proprio lavoro terapeutico, con potenziali effetti negativi sulla motivazione e sul senso di autoefficacia.

Ciò premesso, i farmaci possono comunque facilitare il percorso iniziale nelle esposizione. In quest'ottica, molti pazienti traggono beneficio da un approccio condiviso  basato sulle preferenze individuali, dopo un adeguato counseling  su rischi e benefici di ciascuna opzione terapeutica.

Modelli biologici e il training respiratorio guidato

Una parte dei pazienti con disturbo di panico presenta ipersensibilità al senso di soffocamento e all'aumento di CO₂. L'iper-reattività all'accumulo di anidride carbonica attiva il drive respiratorio; l'iperventilazione compensatoria che ne deriva può aggravare la dispnea e intensificare i sintomi di panico.

Il Capnometry-Assisted Respiratory Training (CART) e i sistemi CGRI (Capnography-Guided Respiratory Intervention) guidano il paziente, attraverso il biofeedback, a normalizzare la ventilazione e i livelli di CO₂, riducendo dispnea e sintomi di panico, come dimostrato in diversi studi clinici. Le tecniche di respirazione "tradizionali" erano state progressivamente abbandonate nella CBT per il timore che potessero fungere da safety behavior o favorire paradossalmente l'iperventilazione compensatoria (respiro lento ma con volumi correnti eccessivi). L'utilizzo guidato dalla capnometria  risponde proprio a queste criticità, permettendo di ricalibrare la respirazione su parametri fisiologici oggettivi anziché su percezioni soggettive potenzialmente distorte. Dato che il Disturbo di panico si presenta spesso con altri disturbi d’ansia e con la depressione, cresce l’adozione di protocolli unificati focalizzati sula dis-regolazione emotiva, con skill di accettazione/tolleranza del segnale, flessibilità attentiva e esposizioni concluse su più domini (preoccupazione, evitamento, fuga).

Sintesi
  • La CBT, anche in formati brevi e intensivi, è altamente efficace nel Disturbo di panico, con benefici durevoli e spillover su processi come attaccamento e mentalizzazione.
  • L’integrazione ragionata con SSRI/SNRI può supportare l’accesso alle esposizioni, purché non sottragga al cuore dell’apprendimento (tollerare e reinterpretare il segnale corporeo).
  • Nei sottogruppi con vulnerabilità respiratoria, protocolli capnometry-guided offrono un’integrazione fisiologica coerente. L’adozione di protocolli transdiagnostici amplia l’impatto clinico oltre il panico, puntando alla regolazione emotiva come meccanismo comune.
Bibliografia
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  • Kim, S., et al. (2012). Capnometry-guided training in panic disorder. Journal of Clinical Psychiatry, 73(7).

Dott.Igor Graziato

Past Vice President Ordine Psicologi Piemonte

Psicologo del lavoro e delle organizzazioni

Specialista in Psicoterapia

Virtual Reality Therapist

REB HP Register for Evidence-Based Hypnotherapy & Psychotherapy
AAvPA Member Australian Aviation Psychology Association

APA Member American Psychological Association

ABCT Member Association for Behavioral and Cognitive Therapies

Division 30 Society of Psychological Hypnosis (APA)

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