Ansiolitici e paura di volare: il rischio effetto paradosso

Ansiolitici e paura di volare: il rischio effetto paradosso

Prova ad immaginare questa scena: un passeggero sale a bordo di un aereo. Ha assunto una benzodiazepina (come ad esempio lo Xanax) poco prima dell’imbarco, convinto che lo aiuterà a tenere a bada l’ansia. I primi minuti scorrono sereni, quasi ovattati. Ma poi, al momento della chiusura delle porte, quando i rumori dei motori iniziano a farsi più intensi, ecco che qualcosa va storto: il cuore accelera, il respiro si fa corto, un attacco di panico si scatena con forza ancora maggiore del solito. Questa situazione poptrebbe indicare un potenziale effetto paradosso delle benzodiazepine, un fenomeno raro ma clinicamente significativo, soprattutto nei contesti ad alto impatto emotivo e collegati alla paura di volare.Le benzodiazepine sono tra i farmaci più prescritti per ridurre ansia e favorire la sedazione. Nel contesto della paura di volare (aviofobia), il loro uso appare intuitivo: assumere una compressa prima del decollo può sembrare la via più rapida per “spegnere” l’ansia. Tuttavia, esiste un fenomeno poco noto ma clinicamente rilevante: la cosiddetta reazione paradossa, in cui il farmaco invece di calmare, accentua l’ansia e genera comportamenti disinibiti o agitazione.

Che cos’è l’effetto paradosso?

Le benzodiazepine (BDZ) sono tra gli ansiolitici più prescritti al mondo. La loro azione potenzia l’effetto del GABA, principale neurotrasmettitore inibitorio del Sistema Nervoso Centrale, producendo rilassamento muscolare, sedazione e riduzione dell’ansia. Eppure, la stessa classe di farmaci che milioni di persone associano a sollievo e calma, in una minoranza di casi può produrre l’esatto contrario: agitazione, irritabilità, ansia accentuata, fino ad aggressività e comportamenti impulsivi. Queste reazioni, chiamate "paradoxical reactions", sono ben documentate in letteratura scientifica (Mancuso et al., 2004; Paton, 2002). Le reazioni paradosse alle benzodiazepine sono rare ma quando compaiono hanno un impatto importante. I sintomi più frequenti includono:

  • aumento della loquacità,
  • eccitazione motoria,
  • liberazione emotiva e impulsività,
  • fino a comportamenti aggressivi o incoerenti.

In pratica, al posto della sedazione si osserva l’opposto: una forma di iperattivazione che può risultare destabilizzante non solo per il paziente, ma anche per chi lo accompagna.

Meccanismi e fattori di rischio

L’esatta causa delle reazioni paradosse non è ancora del tutto chiara. Le ipotesi principali includono:

  • Predisposizione genetica che altera la sensibilità dei recettori GABA, su cui agiscono le benzodiazepine.
  • Storia di abuso alcolico o di sostanze, che può modificare il metabolismo dei farmaci.
  • Disturbi psicologici pregressi (impulsività, tratti di disregolazione emotiva).

In altre parole, non è un semplice “effetto collaterale casuale”, ma sembra legato a una vulnerabilità individuale che rende alcuni soggetti più esposti.

Effetto paradosso o “ansia di rimbalzo”?

Nel caso della paura di volare bisogna distinguere diversi scenari:

  • Reazione paradossa autentica: la benzodiazepina innesca un aumento dell’ansia e della reattività, invece di sedarle. Questo può accadere per motivi neurochimici individuali, fattori genetici o vulnerabilità psicologiche.
  • Ansia di rimbalzo: il farmaco riduce l’ansia anticipatoria prima dell’imbarco, ma una volta a bordo l’esperienza reale del volo travolge il paziente, che non ha più strategie di coping attive. L’ansia “rimbalza” con intensità amplificata, anche perché la sedazione riduce la percezione di controllo.
  • Interferenza con l’apprendimento dell’esposizione: in psicoterapia, il paziente può “vivere” l’esperienza temuta (anche utilizzando la realtà virtuale) e scoprire che può tollerarla senza conseguenze catastrofiche. Alcune ricerche hanno dimostrato che le benzodiazepine possono ostacolare questo processo, impedendo la corretta estinzione della paura (Hart et al., 2014; Cheung et al., 2024).

Uno studio condotto da Wilhelm e Roth (1997) rappresenta una pietra miliare. In un trial controllato, pazienti con fobia del volo furono trattati con alprazolam o placebo prima di due voli simulati.

  • Nel primo volo, chi assumeva alprazolam riportava meno ansia soggettiva rispetto al placebo.
  • Ma al secondo volo, senza farmaco, accadde l’opposto: ansia più alta, più attacchi di panico, maggiore attivazione fisiologica.

I risultati mostrano che il sollievo immediato mascherava l’ansia, ma al prezzo di un peggioramento nel lungo termine. In altre parole, l’uso della benzodiazepina aveva impedito ai pazienti di elaborare l’esperienza come “non pericolosa”. La letteratura scientifica recente ci fornisce degli indizi. Alcuni studi preclinici (Cheung et al., 2024; Pestana et al., 2024) mostrano che le benzodiazepine possono ostacolare la formazione e il conosolidamento della memoria. Il cervello, sotto effetto del farmaco, non registra in pieno che “l’aereo è decollato e tutto è andato bene”. Il risultato: l’esperienza non produce quell’apprendimento correttivo che in psicoterapia è fondamentale. Oltre ai meccanismi cerebrali, c’è il contesto psicologico. Per molti pazienti, assumere una benzodiazepina diventa un rituale rassicurante. Ma ciò rischia di alimentare la convinzione: “senza farmaco non posso farcela”. Questo crea dipendenza psicologica, indebolisce le risorse interne e riduce la fiducia nella terapia.

Cosa significa tutto questo per le persone che soffrono della fobia di volare?

La paura di volare, o aerofobia, rappresenta una fobia complessa che può manifestarsi con intensità e caratteristiche molto diverse da persona a persona. Alcuni passeggeri sperimentano ansia lieve e gestibile, altri invece vivono un vero e proprio blocco che rende impossibile affrontare un viaggio in aereo. Proprio per questa variabilità individuale, la fase di diagnosi accurata è un passaggio imprescindibile: solo comprendendo la natura specifica dei sintomi e i fattori che li mantengono è possibile definire un percorso terapeutico realmente efficace. Ne consegue che:

  • le benzodiazepine possono avere un ruolo, ma vanno usate con estrema cautela e sempre integrate in un percorso strutturato che preveda sia la presenza di uno psicoterapeuta che di uno psichiatra.
  • Il trattamento evidence-based per la paura di volare resta la terapia cognitivo-comportamentale con esposizione graduata, eventualmente supportata da realtà virtuale (VR).
  • Le benzodiazepine possono essere valutate per situazioni specifiche (ad esempio un volo urgente, non procrastinabile), ma sapendo che potrebbero ridurre l’efficacia dell’apprendimento terapeutico.
  • Tecniche di rilassamento, mindfulness, ipnosi clinica, la VRT (Virtual Reality Therapy) o protocolli CBT per l’ansia anticipatoria offrono alternative non farmacologiche più sostenibili sul lungo periodo.

In sintesi, le benzodiazepine possono avere un ruolo circoscritto nel trattamento della paura di volare, ma vanno sempre prescritte con estrema cautela e solo all’interno di un piano strutturato. L’approccio evidence-based di riferimento resta la terapia cognitivo-comportamentale con esposizione graduata, oggi potenziata anche dalla realtà virtuale. In alternativa o in supporto, tecniche come rilassamento, mindfulness, ipnosi clinica o protocolli CBT mirati per l’ansia anticipatoria si dimostrano più sostenibili sul lungo periodo, perché favoriscono un apprendimento stabile e una reale autonomia nella gestione della fobia. Qualsiasi intervento, tuttavia, deve partire da una valutazione clinica accurata, indispensabile per scegliere le strategie più adatte a ciascun individuo e massimizzare le probabilità di successo terapeutico.

Conclusione
  • Il potenziale effetto paradosso delle benzodiazepine ci insegna una lezione più ampia: non sempre ciò che attenua un sintomo nell’immediato è anche ciò che lo cura nel profondo. Nella paura di volare, il sollievo momentaneo può trasformarsi in un boomerang che rafforza il circolo vizioso dell’ansia.
  • Per questo motivo, il lavoro psicoterapeutico – che insegna a “volare dentro” prima ancora che fuori – rimane la via più solida e trasformativa.
  • Evitamento mascherato – il farmaco riduce i sintomi acuti, ma non affronta la radice della fobia. L’evitamento (farmacologico) rafforza l’idea che l’ansia sia ingestibile senza “una pillola”, perpetuando la dipendenza dal sintomo.

Questa dinamica è particolarmente rilevante in cabina: un ambiente chiuso, percepito come non controllabile, in cui la reazione ansiosa può amplificarsi.

Bibliografia
  • Mancuso CE, Tanzi MG, Gabay M. Paradoxical reactions to benzodiazepines: literature review and treatment options. Pharmacotherapy. 2004 Sep;24(9):1177-85. doi: 10.1592/phco.24.13.1177.38089. PMID: 15460178.
  • Saïas T, Gallarda T. Réactions d'agressivité sous benzodiazépines: une revue de la littérature [Paradoxical aggressive reactions to benzodiazepine use: a review]. Encephale. 2008 Sep;34(4):330-6. French. doi: 10.1016/j.encep.2007.05.005. Epub 2007 Dec 26. PMID: 18922233.
  • Türkoğlu S. Paradoxical reactions related to alprazolam. J Child Adolesc Psychopharmacol. 2015 Apr;25(3):276. doi: 10.1089/cap.2014.0116. PMID: 25885015.

Dott.Igor Graziato

Past Vice President Ordine Psicologi Piemonte

Psicologo del lavoro e delle organizzazioni

Specialista in Psicoterapia

Virtual Reality Therapist

REB HP Register for Evidence-Based Hypnotherapy & Psychotherapy
AAvPA Member Australian Aviation Psychology Association

APA Member American Psychological Association

ABCT Member Association for Behavioral and Cognitive Therapies

Division 30 Society of Psychological Hypnosis (APA)

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